In principio vi erano solo prati e boschi abbandonati, invasi dai rovi, ed una piccola chiesa solitaria, ma, grazie al carisma non comune di una singolare figura come Bernardino del Boca, affiancato dall’entusiasmo visionario del progettista Giorgio Grati, a partire dagli inizi degli anni’80, un piccolo gruppo di giovani “pionieri”, proveniente dalle esperienze più disparate, cominciò lentamente a popolare, all’interno di roulottes e ripari improvvisati, la località San Germano di Cavallirio, dando inizio ad un “laboratorio antropologico” originalissimo anche nel panorama delle comunità “alternative” (che in seguito saranno definite ecovillaggi) nazionale e non solo: era nato il “Villaggio Verde”.
La casa dei Phi del Villaggio Verde, è stata importata dalla Thailandia dal professor Bernardino del Boca per richiamare un’usanza di quel paese, dove i nuovi residenti offrono in segno di amicizia una casa agli spiriti del luogo. La casa degli spiriti (Phra Phi) a forma di dimora in miniatura è generalmente collocata all’ingresso della dimora nella quale si vuole che abitino gli spiriti tutelati del sito. Uno dei phi più importanti è lo “spirito della terra” al quale ogni volta che si costruisce qualcosa, bisogna dedicare una piccola casetta, offrire incensi, fiori e cibo per evitare che questo spirito entri nell’edificio costruito causando problemi.
È un costume che manifesta il rispetto per le energie intelligenti che animano tutto il creato e la consapevolezza che ogni cosa, nella natura, è viva e interagisce con noi. Gli Esseri che si occupano della natura nel suo fiorire premiamo sempre chi collabora con loro con spirito umile e fraterno; per questa ragione i frutti migliori del raccolto vengono posti per alcune ore, sulla Casa dei Phi, in un’offerta di ringraziamento.
È un costume che manifesta il rispetto per le energie intelligenti che animano tutto il creato e la consapevolezza che ogni cosa, nella natura, è viva e interagisce con noi. Gli Esseri che si occupano della natura nel suo fiorire premiamo sempre chi collabora con loro con spirito umile e fraterno; per questa ragione i frutti migliori del raccolto vengono posti per alcune ore, sulla Casa dei Phi, in un’offerta di ringraziamento.
“…ogni volta che si facevano le fondamenta di una nuova casa o si scavava un pozzo, subito si faceva anche un altarino allo Spirito della Terra per scusarsi del disturbo datogli con quei lavori e per chiedergli protezione nel tempo avvenire. Con le offerte, che poi venivano fatte regolarmente all’altare, si rinnovavano le scuse e le preghiere. Se nel corso di certi lavori era indispensabile tagliare un albero, c’era una speciale cerimonia con cui si chiedeva al pii della pianta il permesso di usare la sega ai suoi danni” (Tiziano Terzani).
COSA SIGNIFICA “ESSERE” AL VILLAGGIO VERDE
Mai come oggi gli uomini di buona volontà sono chiamati a sperimentare i nuovi valori della Vita, quelli che non si basano più sull’avere, ma sull’essere. Tutto nella vita è energia duale, come già da millenni i Cinesi avevano capito: Yin è energia centrifuga, Yang è energia centripeta; Yin e Yang producono l’energia. Sono espressioni del bene e del male, del bello e del brutto, del caldo e del freddo, ecc., che, come le facce di una medaglia, acquistano valori diversi secondo le necessità karmiche dell’individuo- Perciò chi vive al Villaggio Verde deve saper vivere gli insegnamenti racchiusi in uno dei più grandi libri dell’umanità: il Vangelo, nel quale si insegna a non giudicare, ma a comprendere ed amare gli altri come noi stessi. Sperimentare i valori della Nuova Età Acquariana vuol dire soprattutto vivere secondo le leggi della Natura, fidando nell’aiuto delle energie invisibili ma potenti che sono la “causa” di tutto ciò che è nella realtà illusoria che ci circonda, la quale non è che l’ombra di quella Spirituale da cui tutto deriva. Vivere al Villaggio Verde vuol dire sperimentare un modo nuovo di vivere, libero e felice, senza sfruttamenti, senza ansie e meschinità. Il dialogo tra i membri del Villaggio e la loro indipendenza, basata sullo sviluppo della propria dignità, deve portare l’individuo a trovare quell’aiuto per lo sviluppo dell’autocoscienza che è il primo scopo del Villaggio Verde, nato come centro sperimentale del Nuovo Piano di Coscienza. Si cerca di imparare e vivere senza far male a nessuno, ispirandosi a tutto ciò che è Vero, Buono e Bello, riconoscendo che Dio opera in ogni individuo, in ogni cosa che ci circonda, e imparando a servire gli altri, coscienti di essere Figli di Dio fra Figli di Dio. Oltre al Vangelo, i libri base sono l’”Io Sono” del Conte di Saint Germani, la “Guida Internazionale dell’Età dell’Acquario” e la rivista “L’Età dell’Acquario”. Cerchiamo così, tutti assieme, di imparare ad amare tutte le espressioni della Vita, lottando contro l’ignoranza (l’ignorare di ignorare), contro la paura, l’ansia e l’egoismo. Il Villaggio Verde sarà cos’ un centro sperimentale del modo di vivere teosofico-acquariano e chi ne vuole far parte deve impegnarsi a vivere secondo questi valori. Che Dio ci illumini e ci aiuti, mentre noi ci impegniamo ad aiutare tutti coloro che operano sul piano del servizio: missionari, medici, insegnanti, ecc. Chi vuole far parte del Villaggio Verde deve comprendere chiaramente il significato di queste parole: “Dio concedimi la serenità di accettare le cose che io non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza di conoscere la differenza”.
Bernardino del Boca

IL LOTO BIANCO
“L’8 maggio, festa del Loto Bianco, ha coinciso quest’anno anche col Plenilunio del Toro, Festa del Wesak. Alle ore 16.30 di questo giorno, don Modesto Platini, Parroco di Cavallirio, ha benedetto la prima pietra del nostro Villaggio Verde con l’acqua benedetta della nostra sorgente…”
Così sul n. 19 (maggio – giugno 1982) della rivista “L’Età dell’Acquario” creata da Bernardino del Boca con Edoardo Bresci, cominciava il “Notiziario delle Strade Alte”.
La pietra del Monte Bianco (… il monaco del tempio di Han l’ha caricata troppo …) fu benedetta assieme ad un pane e del sale.
Tutti i presenti, zuppi d’acqua e di commozione, vedevano la prima concretizzazione del loro sogno iniziato qualche tempo prima. Per Bernardino erano invece passati molti anni da quando, nel corso della sua Iniziazione, gli venne affidato tra gli altri il compito di creare un centro, una comunità, dove si sperimentasse un modo di vivere basato sull’Essere e non sull’Avere. Egli percepiva che iniziava un suo gravoso impegno.
Sulla stessa rivista, che non a caso aveva ripreso le pubblicazioni dopo una sospensione di anni, c’era la notizia “Apriamo una nuova dimensione. I Villaggi Verdi” manifesto in cui si comunicava l’inizio della raccolta delle quote di partecipazione alla cooperativa e si elencavano i principi sui quali essa si sarebbe dovuta basare. Di questo periodo, che nella maggior parte dei ricordi è pieno di entusiasmo e di euforia, Bernardino del Boca scrisse, oltre ad articoli pieni di incoraggiamento ai sogni ed alle idealità, anche righe che esprimevano le altre sue sensazioni (… Ho cominciato a raccogliere le quote azionarie per il Villaggio Verde … Giorgio Grati è entusiasta. Ma io percepisco che tutti, inconsciamente, pensano soltanto di fare un affare… Chi è abituato alla negatività come può vivere per ESSERE e non per avere ?…) E chi di noi, ieri come oggi, potrebbe alzare una mano quando si chiede: chi non è abituato alla negatività?
Questa specie di sdoppiamento tra il piano dello spirito e quello della realtà materiale, accompagnerà nel tempo questa sperimentazione.
Vi sono grandi Energie Spirituali che permeano il luogo dove è posto il Villaggio, che vi sono state fatte confluire, che fanno dire a chi ci viene senza già certezze precostituite: “Mi sono sentito proprio bene, mi sembrava di non avere più pensieri, che tutto andasse bene”. Ma ad Esse si sono troppo spesso affiancate enormi difficoltà sul piano pratico, molte volte incredibili, quasi incomprensibili.
E’ ben vero del resto che dove si trovano Energie positive si accaniscono gli ostacoli.
Ma allora il clima era di grande euforia, l’Utopia sembrava camminare tra gli uomini, da un momento all’altro ci si aspettava che i lampi ultravioletti degli Zoit (… ora non ti devi chiedere CHI sono gli ZOIT, ma DOVE sono gli ZOIT. Se LI chiami ti risponderanno …) illuminassero le notti di tutti.
Da mesi parecchie persone si erano sparpagliate tra biellese, novarese, monferrato, canavese, per cercare “il Luogo”, il posto dove sarebbe potuto nascere il Villaggio. E quando ritenevano di aver trovato quello adatto ne parlavano con Bernardino e, in alcuni casi, lo accompagnavano a vederlo. Il progetto delle costruzioni era stato fatto da Giorgio Grati che, allora, era per tutti l’architetto Grati. Nei primi disegni che cominciarono a circolare la struttura era un tronco di cono, cavo, con più piani. Al piano terra dovevano esserci gli spazi comuni ed ai piani superiori gli appartamenti privati, tutti dotati di grandi balconi dove potessero collocarsi delle piante di modo che, all’esterno, desse l’impressione di una sorta di collina. All’interno si trovava un laghetto che avrebbe contribuito a creare un microclima privo di grandi sbalzi di temperatura. Qualcuno mormorava addirittura che la struttura si sarebbe poi prestata a decollare. Nonostante ciò questo progetto venne presto abbandonato per ridursi ad un più semplice circolo di abitazioni private poste su due piani, giorno/notte, di circa 50 metri quadri ognuna.
Il tutto si pensava di realizzarlo in maniera autonoma grazie al lavoro di volontari coordinati da alcuni esperti. Una parte dei volontari, che voleva acquistare abbastanza quote della Cooperativa da aver diritto all’assegnazione di un “modulo”, così erano chiamate le abitazioni, ma non aveva sufficiente denaro per farlo, avrebbe fornito lavoro per giungere a completare la somma. Cominciarono così a circolare fogliettini con scritto UT, Unità Tempo, alle quali venne assegnato un controvalore in tempo di lavoro ed in soldi. La gestione delle UT si rivelò presto, però, piuttosto approssimativa e fonte, a volte, di discussioni. Fondi, in ogni caso, se ne raccoglievano abbastanza, frutto di donazioni, “decime”, ricavi delle vendite di collages, disegni, quadri fatti da del Boca.
Nel frattempo, in qualche modo le fondamenta vennero scavate ed i primi pilastri innalzati. Il Villaggio cominciava a prendere forma.
Ma il 14 dicembre 1982 giunse un’ordinanza di sospendere i lavori ed abbattere ciò che era stato eretto. Per Bernardino del Boca fu un periodo molto difficile anche sul piano familiare, dal momento che in quei giorni morì la sorella Aminta, con la quale viveva in quegli anni.
Seguirono anni tormentati, con molte difficoltà burocratiche e non solo. La costruzione, seppur a rilento, fu ripresa. Ma le pene non erano terminate. Si scoprì che la contabilità della Cooperativa non era corretta e mancava molto del danaro che si riteneva ci fosse a disposizione. Coloro che avevano versato una cifra sufficiente per aver diritto ad un modulo dovettero aggiungere altri soldi o rinunciare. Alcuni persero tutto ciò che avevano dato. La cooperativa si trasformò da edilizia in agricola, del Boca si dimise da Presidente (restò Presidente Onorario) e subentrò nella carica Maurizio Castagnetti, con le persone che insieme a lui partecipavano al gruppo Yoga. Fu un periodo di grande attività pratica, tutti erano molto impegnati ed i primi 16 moduli vennero portati a termine. Le prime famiglie giunsero ad abitare. Mentre si pensava alle varie coltivazioni sperimentali che si sarebbero potute avviare sembrava che, a quel punto, tutti i sogni si sarebbero potuti realizzare.
Non fu del tutto così. La storia del Villaggio ha ripercorso in pochi anni, la storia, molto più lunga, di quelle comunità che lentamente si costituirono, crebbero, ebbero una qualche notorietà e, a poco a poco, con la gente che andava verso le città a cercare lavoro, si spopolarono, e solo da qualche tempo stanno ritrovando estimatori.
Una comunità con i suoi momenti buoni e quelli meno, con le tante cose fatte e quelle che ancora attendono, con i momenti in cui il posto era affollato di persone festanti e quelli di strade ghiacciate e deserte. Una comunità che dal nulla si è creata, si è sviluppata, si è in parte dispersa ed ora sta ricominciando a ricostituirsi attorno ad alcuni tra coloro che, fin dall’inizio, vi hanno abitato, ed alcuni tra quelli che, non potendo risiedervi per motivi vari, sono sempre stati presenti appena possibile.
La morte di Bernardino, nel dicembre 2001, è stata il momento in cui più difficile fu rispondere alle domande: “Chi siamo? Perché siamo qui? E ora cosa faremo?”. Ma è stata anche il momento che ha reso più ferme certe persone nel proposito di andare avanti.
Resta una cosa ancora da dire per quanto riguarda l’aspetto spirituale, che è stato ed è il pilastro su cui poggia l’idea stessa di Villaggio. Fin dalla posa della prima pietra ci sono stati gesti che hanno inteso riconoscere le energie presenti ed apportarne di ulteriori. Ancor prima che tutti i lavori fossero completati Bernardino del Boca fece arrivare dalla Thailandia un Tempietto dei Phi (gli Spiriti Elementari), che collocò proprio dove la strada di ingresso si apre davanti ai moduli, in modo che chiunque arrivi o esca vi passi davanti e possa ricordarLi. Il Tempietto è stato poi ricoperto da un gazebo in rame dove i Naga (Serpenti) hanno la loro eterica dimora. Sulla sponda del laghetto interno fu collocato, con grande fatica, un masso proveniente dalla Val di Rhémes che reca ancora su di sé i segni di quando la montagna si formò. Fu eretta una piramide di bottiglie sulle quali ognuno scrisse con inchiostro dorato il suo nome e quello di coloro cui era legato. Si issò un “palo vibratore” ispirato a quelli che gli alchimisti birmani pongono per armonizzare i luoghi. Molti tra i frequentatori portarono e sparpagliarono ovunque le pietre raccolte durante i viaggi, quale modo di collegare luoghi lontani. Nel tempo si sono celebrate cerimonie sacre di tante tradizioni differenti e si è pregato in svariate maniere.
Se prendiamo in considerazione anche solo il periodo che va dalla posa della prima pietra ad oggi, sono transitate in questo luogo innumerevoli persone. Chi è rimasto, chi dopo un po’ è ripartito, chi vi ha passato una sola ora. Alcuni di coloro che erano presenti a quella cerimonia sono morti, così come alcuni di coloro che, per anni, hanno seguito le conferenze di del Boca. Giovani o meno. Così è stato anche per numerosi animali, cani, gatti, cavalli, anch’essi parte della comunità.
I cicli si susseguono. Ma i nomi di tutti loro restano scolpiti nell’aria, più incisi che nella roccia. Nessuno è dimenticato, così come non è stato dimenticato lo sciamano neolitico Urkut, né il Baiardo, il cavaliere senza macchia e senza paura. Tutti continuano ad essere “Villaggio Verde”.
I sogni non svaniscono, attendono il tempo di realizzarsi. Un tempo che non è scandito dai nostri calendari.
E le Energie continuano a sfiorare l’Anima di chi passa al Villaggio
Così sul n. 19 (maggio – giugno 1982) della rivista “L’Età dell’Acquario” creata da Bernardino del Boca con Edoardo Bresci, cominciava il “Notiziario delle Strade Alte”.
La pietra del Monte Bianco (… il monaco del tempio di Han l’ha caricata troppo …) fu benedetta assieme ad un pane e del sale.
Tutti i presenti, zuppi d’acqua e di commozione, vedevano la prima concretizzazione del loro sogno iniziato qualche tempo prima. Per Bernardino erano invece passati molti anni da quando, nel corso della sua Iniziazione, gli venne affidato tra gli altri il compito di creare un centro, una comunità, dove si sperimentasse un modo di vivere basato sull’Essere e non sull’Avere. Egli percepiva che iniziava un suo gravoso impegno.
Sulla stessa rivista, che non a caso aveva ripreso le pubblicazioni dopo una sospensione di anni, c’era la notizia “Apriamo una nuova dimensione. I Villaggi Verdi” manifesto in cui si comunicava l’inizio della raccolta delle quote di partecipazione alla cooperativa e si elencavano i principi sui quali essa si sarebbe dovuta basare. Di questo periodo, che nella maggior parte dei ricordi è pieno di entusiasmo e di euforia, Bernardino del Boca scrisse, oltre ad articoli pieni di incoraggiamento ai sogni ed alle idealità, anche righe che esprimevano le altre sue sensazioni (… Ho cominciato a raccogliere le quote azionarie per il Villaggio Verde … Giorgio Grati è entusiasta. Ma io percepisco che tutti, inconsciamente, pensano soltanto di fare un affare… Chi è abituato alla negatività come può vivere per ESSERE e non per avere ?…) E chi di noi, ieri come oggi, potrebbe alzare una mano quando si chiede: chi non è abituato alla negatività?
Questa specie di sdoppiamento tra il piano dello spirito e quello della realtà materiale, accompagnerà nel tempo questa sperimentazione.
Vi sono grandi Energie Spirituali che permeano il luogo dove è posto il Villaggio, che vi sono state fatte confluire, che fanno dire a chi ci viene senza già certezze precostituite: “Mi sono sentito proprio bene, mi sembrava di non avere più pensieri, che tutto andasse bene”. Ma ad Esse si sono troppo spesso affiancate enormi difficoltà sul piano pratico, molte volte incredibili, quasi incomprensibili.
E’ ben vero del resto che dove si trovano Energie positive si accaniscono gli ostacoli.
Ma allora il clima era di grande euforia, l’Utopia sembrava camminare tra gli uomini, da un momento all’altro ci si aspettava che i lampi ultravioletti degli Zoit (… ora non ti devi chiedere CHI sono gli ZOIT, ma DOVE sono gli ZOIT. Se LI chiami ti risponderanno …) illuminassero le notti di tutti.
Da mesi parecchie persone si erano sparpagliate tra biellese, novarese, monferrato, canavese, per cercare “il Luogo”, il posto dove sarebbe potuto nascere il Villaggio. E quando ritenevano di aver trovato quello adatto ne parlavano con Bernardino e, in alcuni casi, lo accompagnavano a vederlo. Il progetto delle costruzioni era stato fatto da Giorgio Grati che, allora, era per tutti l’architetto Grati. Nei primi disegni che cominciarono a circolare la struttura era un tronco di cono, cavo, con più piani. Al piano terra dovevano esserci gli spazi comuni ed ai piani superiori gli appartamenti privati, tutti dotati di grandi balconi dove potessero collocarsi delle piante di modo che, all’esterno, desse l’impressione di una sorta di collina. All’interno si trovava un laghetto che avrebbe contribuito a creare un microclima privo di grandi sbalzi di temperatura. Qualcuno mormorava addirittura che la struttura si sarebbe poi prestata a decollare. Nonostante ciò questo progetto venne presto abbandonato per ridursi ad un più semplice circolo di abitazioni private poste su due piani, giorno/notte, di circa 50 metri quadri ognuna.
Il tutto si pensava di realizzarlo in maniera autonoma grazie al lavoro di volontari coordinati da alcuni esperti. Una parte dei volontari, che voleva acquistare abbastanza quote della Cooperativa da aver diritto all’assegnazione di un “modulo”, così erano chiamate le abitazioni, ma non aveva sufficiente denaro per farlo, avrebbe fornito lavoro per giungere a completare la somma. Cominciarono così a circolare fogliettini con scritto UT, Unità Tempo, alle quali venne assegnato un controvalore in tempo di lavoro ed in soldi. La gestione delle UT si rivelò presto, però, piuttosto approssimativa e fonte, a volte, di discussioni. Fondi, in ogni caso, se ne raccoglievano abbastanza, frutto di donazioni, “decime”, ricavi delle vendite di collages, disegni, quadri fatti da del Boca.
Nel frattempo, in qualche modo le fondamenta vennero scavate ed i primi pilastri innalzati. Il Villaggio cominciava a prendere forma.
Ma il 14 dicembre 1982 giunse un’ordinanza di sospendere i lavori ed abbattere ciò che era stato eretto. Per Bernardino del Boca fu un periodo molto difficile anche sul piano familiare, dal momento che in quei giorni morì la sorella Aminta, con la quale viveva in quegli anni.
Seguirono anni tormentati, con molte difficoltà burocratiche e non solo. La costruzione, seppur a rilento, fu ripresa. Ma le pene non erano terminate. Si scoprì che la contabilità della Cooperativa non era corretta e mancava molto del danaro che si riteneva ci fosse a disposizione. Coloro che avevano versato una cifra sufficiente per aver diritto ad un modulo dovettero aggiungere altri soldi o rinunciare. Alcuni persero tutto ciò che avevano dato. La cooperativa si trasformò da edilizia in agricola, del Boca si dimise da Presidente (restò Presidente Onorario) e subentrò nella carica Maurizio Castagnetti, con le persone che insieme a lui partecipavano al gruppo Yoga. Fu un periodo di grande attività pratica, tutti erano molto impegnati ed i primi 16 moduli vennero portati a termine. Le prime famiglie giunsero ad abitare. Mentre si pensava alle varie coltivazioni sperimentali che si sarebbero potute avviare sembrava che, a quel punto, tutti i sogni si sarebbero potuti realizzare.
Non fu del tutto così. La storia del Villaggio ha ripercorso in pochi anni, la storia, molto più lunga, di quelle comunità che lentamente si costituirono, crebbero, ebbero una qualche notorietà e, a poco a poco, con la gente che andava verso le città a cercare lavoro, si spopolarono, e solo da qualche tempo stanno ritrovando estimatori.
Una comunità con i suoi momenti buoni e quelli meno, con le tante cose fatte e quelle che ancora attendono, con i momenti in cui il posto era affollato di persone festanti e quelli di strade ghiacciate e deserte. Una comunità che dal nulla si è creata, si è sviluppata, si è in parte dispersa ed ora sta ricominciando a ricostituirsi attorno ad alcuni tra coloro che, fin dall’inizio, vi hanno abitato, ed alcuni tra quelli che, non potendo risiedervi per motivi vari, sono sempre stati presenti appena possibile.
La morte di Bernardino, nel dicembre 2001, è stata il momento in cui più difficile fu rispondere alle domande: “Chi siamo? Perché siamo qui? E ora cosa faremo?”. Ma è stata anche il momento che ha reso più ferme certe persone nel proposito di andare avanti.
Resta una cosa ancora da dire per quanto riguarda l’aspetto spirituale, che è stato ed è il pilastro su cui poggia l’idea stessa di Villaggio. Fin dalla posa della prima pietra ci sono stati gesti che hanno inteso riconoscere le energie presenti ed apportarne di ulteriori. Ancor prima che tutti i lavori fossero completati Bernardino del Boca fece arrivare dalla Thailandia un Tempietto dei Phi (gli Spiriti Elementari), che collocò proprio dove la strada di ingresso si apre davanti ai moduli, in modo che chiunque arrivi o esca vi passi davanti e possa ricordarLi. Il Tempietto è stato poi ricoperto da un gazebo in rame dove i Naga (Serpenti) hanno la loro eterica dimora. Sulla sponda del laghetto interno fu collocato, con grande fatica, un masso proveniente dalla Val di Rhémes che reca ancora su di sé i segni di quando la montagna si formò. Fu eretta una piramide di bottiglie sulle quali ognuno scrisse con inchiostro dorato il suo nome e quello di coloro cui era legato. Si issò un “palo vibratore” ispirato a quelli che gli alchimisti birmani pongono per armonizzare i luoghi. Molti tra i frequentatori portarono e sparpagliarono ovunque le pietre raccolte durante i viaggi, quale modo di collegare luoghi lontani. Nel tempo si sono celebrate cerimonie sacre di tante tradizioni differenti e si è pregato in svariate maniere.
Se prendiamo in considerazione anche solo il periodo che va dalla posa della prima pietra ad oggi, sono transitate in questo luogo innumerevoli persone. Chi è rimasto, chi dopo un po’ è ripartito, chi vi ha passato una sola ora. Alcuni di coloro che erano presenti a quella cerimonia sono morti, così come alcuni di coloro che, per anni, hanno seguito le conferenze di del Boca. Giovani o meno. Così è stato anche per numerosi animali, cani, gatti, cavalli, anch’essi parte della comunità.
I cicli si susseguono. Ma i nomi di tutti loro restano scolpiti nell’aria, più incisi che nella roccia. Nessuno è dimenticato, così come non è stato dimenticato lo sciamano neolitico Urkut, né il Baiardo, il cavaliere senza macchia e senza paura. Tutti continuano ad essere “Villaggio Verde”.
I sogni non svaniscono, attendono il tempo di realizzarsi. Un tempo che non è scandito dai nostri calendari.
E le Energie continuano a sfiorare l’Anima di chi passa al Villaggio
Gigi Zocco

IL VILLAGGIO VERDE COMUNITA’ ACQUARIANA
Il Villaggio Verde è un’esperienza comunitaria più che ventennale. Viene fondato, nel 1988, da Bernardino Del Boca (1919-2001), rampollo di una famiglia nobile originaria di Boca, nell’alto novarese, precocemente iniziato alla teosofia. Del Boca diviene presto un grande conoscitore del sud-est asiatico, dove vive per lunghi periodi di tempo a partire dalla metà degli anni ‘40, sperimentando, tra l’altro, stati di realtà “non ordinaria”. Dal ’47 sostiene di essere contattato da entità di una realtà parallela: gli zoit. Nello stesso anno viene iniziato nel tempio di Han, dedicato a Shiva da un antico monarca di Giava, su un’isola vulcanica dell’arcipelago di Lingja, poco distante da Sumatra. Si tratta di un’iniziazione alla Strada Alta che sancisce il suo completo servizio alla causa dell’Età dell’Acquario ovvero della spiritualizzazione dell’umanità. Due anni dopo Del Boca torna in Italia dove inizia a congetturare, anche su ispirazione degli zoit, di creare un “villaggio verde”. Il progetto ha un’incubazione lunghissima e solo nel 1981 Del Boca — che nel frattempo ha fondato la Casa Editrice L’Età dell’Acquario e l’omonima rivista bimestrale — inaugura la Cooperativa Villaggio Verde. Questa si stanzia su circa 10 ettari di terreno (di cui 3 coltivabili e la maggior parte boschivi) a San Germano di Cavallirio, vicino Boca. Negli intenti del fondatore, il Villaggio Verde vuole essere un centro sperimentale ed un “laboratorio vivente” per l’evoluzione della coscienza della Nuova Era, ispirato a valori teosofico-acquariani, un vettore di ricerca di un’armonia ad ampio raggio (con sé stessi, con i propri simili e con la natura), della maggiore autosufficienza possibile e di una dimensione di vita sostenibile. Da un punto di vista architettonico vengono accolte le idee un po’ stravaganti di Giorgio Grati che si coagulano nel progetto, parzialmente realizzato, di una città circolare attorno ad un laghetto centrale, un unico edificio, di due piani, suddiviso in sedici moduli che ospiteranno altrettanti nuclei famigliari, tutti con una propria economia privata. Con l’avvio dell’esperienza comunitaria vengono offerti seminari, corsi permanenti ed estemporanei, conferenze su terapie alternative, yoga, astrologia, storia delle utopie, educazione alla Nuova Era, tarocchi, alimentazione e, a sabati alterni, le conferenze di Del Boca — ispirate al concetto teosofico ed antidogmatico per cui nessuna religione è superiore alla verità — catalizzano un numero crescente di “simpatizzanti”. In poco tempo il Villaggio Verde inizia ad ospitare anche gli incontri del Forum Spirituale dell’ONU per la pace e diviene il terreno di coltura di un’utopia che identifica nella creazione di un unico parlamento mondiale la maggiore garanzia di realizzazione di un pacifismo planetario; ipotesi su cui si era soffermato il maestro indiano Osho Rajneesh. Oggi, al Villaggio Verde, si respira un’aria esplicitamente individualista. In genere almeno un membro di ciascun nucleo famigliare lavora all’esterno della comunità. Le entrate non vengono collettivizzate e ciascun residente è libero di partecipare o meno alle attività comuni. Le decisioni vengono prese a maggioranza pur in presenza di una costante ricerca del consenso unanime. I 24 abitanti sono soci di una cooperativa che detiene la proprietà indivisa degli appartamenti, degli edifici comuni e dei terreni e, insieme a circa 250 simpatizzanti, sono riuniti nella Associazione di Promozione Sociale Amici del Villaggio Verde. Questa svolge diverse attività, tra cui la produzione di ortaggi e frutta biologici, la gestione di una mensa e di una foresteria. Alcuni soci gestiscono un laboratorio per il piccolo artigianato del legno e della ceramica, altri si occupano di organizzare escursioni a piedi e a cavallo nella vicina Riserva Naturale delle Baragge, attività di educazione ambientale per i bambini delle scuole dei paesi vicini oltre a corsi, seminari e conferenze.
Manuel Olivares
tratto da Vivere Altirmenti:
www.viverealtrimenti.com/il-villaggio-verde